Napoli muore e c’è chi si preoccupa per il Napoli in Europa

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<Siamo ben oltre il fuitevenne>, è il significativo titoletto di una delle lettere inviate al direttore del Mattino, Virman Cusenza. Un lettore del quotidiano, Italo Iovene con giustificatissimi motivi (e il suo scritto è estremamente esaustivo) lancia qualcosa in più di un allarme concludendo amaramente <… cosa più augurabile non nascere proprio in questa città>. Ovvero, a Napoli. Come dargli torto? Siamo sommersi  quotidianamente da problemi e problemi: immondizia, traffico, delinquenza micro e macro, strade dissestate, disoccupazione, sopravvivenza… chi più ne ha, ne metta. <Eduardo minimizzava quando diceva fuitevenne>, scrive Iovene. Giusto, ma in tanti, in troppi si sono abituati al peggio, pardon si sono arresi. L’unico momento di ansia, di preoccupazione, di protesta lo viviamo quando si parla del Napoli, ovvero di uno dei pochi aspetti, se non l’unico che ultimamente è riuscito a regalare qualche soddisfazione ai tifosi. Capisco che di calcio parliamo, ci nutriamo ogni giorno, che il calcio è uno dei pochi svaghi che ci sono rimasti, ma ritengo che non sia il caso di drammatizzare, non sia il caso di parlare di immobilismo del Napoli in una città che è immobile, da tempo, in tutte le sue altre forme di vita mentre il Napoli, negli ultimi sei anni, è passato dal fallimento (del Napoli di Naldi) al ritorno in Europa (del Napoli di De Laurentiis). Lasciamo lavorare i manovratori.