Lavezzi: "L'anno prossimo voglio la Champions con il Napoli"

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Castelvolturno – Ospite d’eccezione nel nostro salottino da Castelvolturno. Ai nostri microfoni c’è Ezequiel Lavezzi. Per tutti il Pocho: “Oramai solo mia madre mi chiama Ezequiel”. Napoli, invece, adora il suo soprannome (“Avevo un cane che si chiama Pocholo, qui non ne ho preso uno, troppo complicato da gestire”) e naturalmente le sue giocate da fuoriclasse: “Ma non paragonatemi a Maradona, io non c’entro niente con lui”. Forse solo l’affetto è lo stesso: “La gente mi ama tanto e io voglio ripagarli giocando a calcio”. Per diventare grandi assieme. La sua punizione vale la qualificazione all’Europa League: “A dire il vero – scherza – è stato merito di Sorrentino. Non ho mai tirato una punizione così male”. Ma è stata decisiva: “L’Europa è un traguardo di tutta la squadra. Ci siamo sacrificati e abbiamo conquistato l’obiettivo”. Al termine di una grande cavalcata. Pocho, ovviamente, protagonista. Addirittura da centravanti: “Se la squadra ha bisogno, non mi tiro indietro. Mi trovo bene in quella posizione”. Sono arrivati anche i gol. Il record italiano in serie A è alla portata: “Ma io non ci penso. Deve vincere il Napoli, il resto viene dopo. Il più bello? Quelli che ci hanno fatto conquistare i tre punti”. Uno in particolare – però – c’è: “Ero ragazzino e giocavo a Villa Gobernador Galvez. Stavo per tirare da centrocampo e mi sono accorto che quello era il mio portiere, mi sono girato e ho fatto uno slalom incredibile segnando dalla parte opposta”. Prodezza che è scolpita nella sua memoria: “Ma c’erano amici più forti di me. Alcuni – però – non ce l’hanno fatta. Qualcuno è in galera”. Realtà povera, quella del Pocho: “Pensate che quando volevo smettere, mi hanno portato a fare l’elettricista per evitare che prendessi una cattiva strada”. Ma l’amore per il calcio è stato più forte: “Volevo fare questo e ci sono riuscito. Comunque voglio dire che anche in un quartiere difficile, siamo noi che scegliamo il nostro destino”. Ezequiel lo ha fatto. Senza dimenticare le sue origini: “Resto tifosissimo del Coronel Aguirre”. Lo ha addirittura tatuato: “Ne ho tantissimi. Il primo a dodici anni”. Quando era un bambino. Il Pocho ne aiuta tanti: “L’Associazione Ansur è un bel progetto. L’ho sempre voluto attuare, adesso ne ho la possibilità”. Perché il legame con la sua terra è indissolubile. Anche se è diventato un po’ napoletano: “Non parlo il dialetto, ma lo capisco. ‘Cazzimma’? L’ha spiegata Mazzarri con cui ho un ottimo rapporto, so cosa significa. Qui, mi sento benissimo. Mi cucinano persino la tortillas con le patate. Il posto che preferisco? La tranquillità di casa mia con Debora e il piccolo Tomas. Prima non amava giocare a calcio, gli piacevano solo le macchine. In realtà la Ferrari è sua”. ‘Striscia la Notizia’ l’ha beccato che sfrecciava a Castelvolturno: “Difficile andare a 50 chilometri orari con una California”, sorride. Magari gli servirà per andare in Sudafrica: “Non lo so. Vediamo. Ho saputo della vostra iniziativa di scrivere a Maradona, ma deve decidere lui. Sono a sua disposizione. E’ chiaro che mi piacerebbe andare”. Napoli tifa Argentina: “Lo fa per Diego”. E per il Pocho: “Aspettiamo prima la convocazione. Sicuramente siamo tra le nazioni favorite assieme ad Italia, Inghilterra, Germania e Brasile”. Magari in finale incrocia proprio Marcello Lippi e i compagni De Sanctis, Maggio e Quagliarella: “Magari. Ma io non so manco se parteciperò. Poi è chiaro che mi piacerebbe vincerlo”. Perché il Pocho è ambizioso. Anche con il Napoli: “L’anno prossimo vorrei conquistare la Champions League per poi disputarla con la maglia azzurra”. Radio Marte gli organizza pure uno scherzo. Lo chiama Giorgio da Forcella che vuole diecimila euro in prestito: “Mi sembra una voce siciliana”, dice Ezequiel. E ha ragione. Si tratta di Leo Rinaudo: “Ci ho provato”. Ma al Pocho non la si fa. “Ci vediamo tra poco nello spogliatoio”. Per costruire un’altra grande impresa. Nel segno del Napoli.